L’ospedale di Cariati aveva nel 2008 62 posti letto e costava al servizio sanitario regionale calabrese circa 7 – 8 milioni di euro all’anno. Il tasso di occupazione della struttura era dell’81,46%, a fronte di una richiesta minima del 75%, e i costi venivano interamente coperti da una produzione ospedaliera che riusciva addirittura a far chiudere i bilanci in attivo.
Il solo reparto di ostetricia e ginecologia, nel quale nascevano più di 500 bambini ogni anno, produceva DRG (raggruppamenti omogenei di diagnosi – unità di misura della produzione delle strutture ospedaliere) per oltre 1,5 milioni di euro. Il tutto con due medici e personale paramedico ridotto, con numeri ampiamente maggiori rispetto ad altre strutture della nostra regione che avevano comunque a disposizione dotazioni organiche completamente diverse.
Nonostante questi dati, che erano unici nel panorama sanitario regionale, il 2010 il commissario Scopelliti, per scelte esclusivamente politico – demagogiche, decise di chiudere l’ospedale di Cariati insieme ad altre 17 strutture della nostra Regione.
Era facile per il commissario e per la pletora di dirigenti strapagati venuti dal nord calcolare su una cartina geografica i chilometri che distanziavano Cariati da Rossano, o da Crotone, o da Cosenza, senza tenere in alcuna considerazione il sistema infrastrutturale territoriale e, soprattutto, la strada statale 106.
La scelta di Scopelliti & C., supportata anche da nostri concittadini, che come si ricorderà raccolsero firme a sostegno di quella scellerata decisione, lasciò il territorio senza alcuna copertura sanitaria e privò tutti i cittadini del nostro territorio di quel diritto alla cura e alla salute sancito dalla Costituzione della repubblica.
Nessuno dei commissari governativi inviati dallo stato in Calabria in questi 10 anni ha mai voluto sentir parlare di riapertura del nostro ospedale. Tutti hanno messo sempre davanti a quel diritto i conti della sanità, che a dire loro, rappresentanti dello stato, erano più importanti della vita delle persone.
Negli ultimi quattro anni, il palese conflitto di interesse di chi gestisce il nostro comune, ha impedito che si parlasse seriamente della riapertura dell’ospedale di Cariati. I compitini preconfezionati ponevano sempre la richiesta di una casa della salute che, per come dicono gli esperti, non serve assolutamente al territorio ed è in antitesi con la riapertura del nostro ospedale. Solo oggi, di fronte ad una concreta riapertura, qualcuno, con la faccia di bronzo che si ritrova, si ricorda di parlare anche di ospedale pubblico a Cariati.
Sarebbe bastato trovare nel bilancio miliardario della sanità calabrese solo 8 milioni di euro. Eppure quei commissari inviati dallo stato a gestire la nostra sanità non hanno mai avuta la volontà di trovarli nei meandri di un bilancio che ogni anno eroga, però, in favore delle cliniche private della nostra regione oltre 250 milioni di euro.
8 milioni e più sono gli euro che l’azienda sanitaria di Cosenza, guidata da tempo da commissari, per lo più amici degli amici, che difronte alla richiesta disperata del nostro territorio di riaprire l’ospedale pubblico, ha sempre fatto orecchie da mercante e poi, ahinoi, ha pagato a quei privati della sanità fatture per decine di milioni di euro per prestazioni di cui non vi è traccia all’interno dell’ASP.
Un sistema collaudato di malaffare che, con la complicità di uno stato che attraverso i suoi commissari inviati in Calabria ha fatto finta di non vedere e non sapere, ha portato al tracollo la sanità calabrese. Uno stato che ha, però, di proposito penalizzato i cittadini che, in nome della tenuta dei conti, si sono visti cancellare il sacrosanto diritto alla cura.
Sembra ora, con l'attenzione mediatica di queste settimane che le cose possano seriamente cambiare e che si è preso finalmente coscienza di questo fallimento totale della gestione della sanità calabrese.
Mi auguro si possa aprire al più presto un dibattito serio, concreto e fattivo che sia capace di mettere finalmente al centro di ogni azione la tutela dei diritti dei cittadini, che chiuda i pozzi senza fondo della sanità privata e che, soprattutto, risarcisca i cittadini di quei territori come Cariati che 10 anni fa, per scelte scellerate, sono stati costretti a pagare il prezzo più alto in termini di offerta sanitaria di tutta la regione Calabria.